Settimana 23/2025 Rassegna Stampa

A. Energy Law

A. Energy Law

A1. Rinnovabili, il Tar annulla parte del decreto sulle aree idonee

Il Ministero dell’Ambiente dovrà modificare il decreto che definiva le regole per l’individuazione delle aree idonee e non idonee alla realizzazione di impianti da fonti rinnovabili. Lo ha stabilito il Tar del Lazio con la sentenza n. 9155 del 13 maggio 2025, accogliendo parzialmente i ricorsi contro il decreto ministeriale del 21 giugno 2024. In particolare, i giudici amministrativi hanno annullato i commi 2 e 3 dell’art. 7 del provvedimento, ritenendo che violino quanto previsto dalla L. 53/2021. Secondo il Tribunale, il decreto ha omesso di prevedere un periodo transitorio per salvaguardare gli impianti in corso di autorizzazione. La normativa primaria, infatti, imponeva di tutelare le domande già presentate dalle imprese nelle aree che, secondo il D.Lgs. 199/2021, erano considerate idonee per legge in attesa delle nuove determinazioni regionali. La mancanza di una disposizione chiara su questo punto ha creato un vuoto normativo che, secondo il Tar, mette a rischio la certezza del diritto e penalizza gli operatori del settore. I giudici hanno contestato anche l’assenza di criteri tecnici oggettivi capaci di guidare le Regioni nell’individuazione delle aree. Il decreto ministeriale, secondo la sentenza, non fornisce indicazioni coerenti con i principi stabiliti dalla Legge del 2021, mancando di ancorare la valutazione territoriale a parametri ambientali, paesaggistici e culturali. Questa lacuna, secondo il Tar, rende l’intervento del Ministero inadeguato a garantire un’applicazione uniforme e trasparente della normativa da parte delle amministrazioni regionali. Alla luce di queste carenze, il Tar ha ordinato al Ministero di riformulare i criteri previsti dal decreto, assicurando il rispetto dei principi fissati dalla legge e una maggiore tutela degli investimenti in corso. La decisione rischia ora di rallentare ulteriormente il processo di transizione energetica, riaprendo un fronte normativo già segnato da incertezze e ritardi.

(da www.reteambiente.it)

A2. Accumuli e Macse: il nuovo assetto del dispacciamento tra evoluzione normativa e opportunità di mercato

All’evento organizzato dalla Fondazione Eni Enrico Mattei (Feem), in collaborazione con Aurora Energy Research e L&B Partners, il dibattito si è concentrato sul nuovo mercato dei servizi di dispacciamento e sul Meccanismo per l’Approvvigionamento della Capacità di Stoccaggio Elettrico (Macse), con particolare attenzione al ruolo strategico degli accumuli nella transizione energetica italiana. L’iniziativa ha messo in luce come il sistema elettrico nazionale stia attraversando una fase di profonda trasformazione, in cui i sistemi di accumulo elettrochimico assumono una funzione sempre più centrale per garantire flessibilità, sicurezza degli approvvigionamenti e stabilità della rete. Feem ha presentato una simulazione realizzata con il software Plexos, volta a confrontare due scenari: uno con e uno senza l’implementazione del Macse. I risultati mostrano che un incremento della capacità di accumulo può incidere in modo significativo sull’andamento dei prezzi dell’energia, attenuando i picchi serali, determinando un lieve rialzo dei prezzi nelle ore centrali della giornata e consentendo un uso più efficiente della produzione da fonti rinnovabili, riducendo i fenomeni di curtailment. Particolarmente interessante è emerso il contributo stagionale delle batterie: massimo in estate, utile in inverno e fortemente amplificato in primavera, quando alla bassa domanda si associa un’alta produzione fotovoltaica. Nel Mezzogiorno, le batterie risultano particolarmente efficaci, garantendo una copertura elevata del carico e un importante supporto alla generazione distribuita. Le altre due relazioni tecniche, a cura di Plenitude e Aurora Energy Research, hanno confermato l’elevato potenziale del mercato dello stoccaggio elettrochimico, posto al crocevia tra sviluppo tecnologico, strategie industriali ed evoluzioni normative. Secondo quanto previsto dal Documento Fabbisogni di Terna, sarà necessario installare circa 10 GWh di nuova capacità entro il 2028, con ulteriori aste in programma per il 2029 e il 2030. Le batterie che entreranno in funzione nei prossimi anni dovranno affrontare una crescente pressione competitiva, ma potranno anche beneficiare di una maggiore volatilità dei mercati elettrici, condizione particolarmente favorevole per le tecnologie di accumulo a media durata. Il calo dei costi e l’avanzamento tecnologico rafforzano il potenziale di investimento, mentre la combinazione tra contratti Macse e partecipazione diretta ai mercati rappresenta un’opportunità per bilanciare rischio operativo e stabilità finanziaria. I risultati più recenti del capacity market testimoniano il consolidamento del ruolo delle batterie, confermato dalla contrazione dei volumi assegnati e dalla progressiva riduzione dei prezzi di aggiudicazione. Nel pomeriggio, le tavole rotonde hanno affrontato le ricadute operative dell’integrazione degli accumuli nel sistema elettrico, evidenziando il loro contributo alla gestione sempre più efficiente e dinamica della rete. In un sistema orientato alla decarbonizzazione del parco termoelettrico e alla dismissione progressiva della capacità convenzionale, la valorizzazione degli accumuli richiede l’ottimizzazione tecnica degli impianti e un disegno di mercato coerente. In parallelo alla transizione tecnologica, è in atto una profonda evoluzione normativa, destinata a incidere significativamente sulle strategie di investimento e sui modelli di business del settore. La riforma del Testo Integrato del Dispacciamento Elettrico (Tide) rappresenta un momento di svolta, in quanto estende la remunerazione dei servizi ancillari, favorisce la partecipazione attiva degli operatori e introduce nuove tipologie di soggetti nel mercato. Tra le sperimentazioni in corso si segnalano iniziative di flessibilità locale come RomeFlex, Edge e MiNDFlex, che prevedono il coinvolgimento diretto dei consumatori nella modulazione dei carichi e nella fornitura di servizi di rete. Questi modelli, supportati da strumenti regolatori e incentivi economici, valorizzano la partecipazione degli utenti attraverso il time-shifting e l’interazione attiva con il sistema. Secondo quanto riportato nella nota conclusiva di Feem, gli investimenti nella flessibilità non rappresentano più una semplice opportunità, ma costituiscono ormai un elemento imprescindibile per garantire operatività, qualità e sicurezza del sistema elettrico. La combinazione di obiettivi ambiziosi, sostegno regolatorio e dinamismo industriale consente oggi all’Italia di proporsi come riferimento europeo nello sviluppo di soluzioni avanzate per l’approvvigionamento e la gestione dell’energia.

(Venerdì 30 maggio 2025, dalla Staffetta Quotidiana)

A3. FerX transitorio: quadro dei progetti potenzialmente ammessi all’asta di giugno 2025

Dal 3 al 24 giugno 2025 sarà possibile presentare le manifestazioni di interesse per la partecipazione all’asta del FerX transitorio, il nuovo meccanismo di incentivazione dedicato alle fonti rinnovabili in fase di avvio. Possono candidarsi i progetti superiori a 1 MW autorizzati tra ottobre 2020 e maggio 2025, a condizione che non siano ancora entrati in esercizio. Il FerX mira a favorire l’entrata in esercizio rapida di progetti già maturi, con un tetto massimo di 11,52 GW di nuova capacità incentivabile e un funzionamento basato su un sistema autoregolante: più alti saranno i ribassi offerti dagli operatori rispetto alla base d’asta, maggiore sarà il numero di progetti ammessi al beneficio. Ai fini dell’ammissibilità, è richiesto che i progetti siano provvisti di Autorizzazione Unica (AU) o, in alternativa, di una Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) positiva, a prescindere dall’ottenimento formale del titolo abilitativo definitivo. Questo consente di ampliare il bacino dei partecipanti, includendo impianti in fase avanzata ma non ancora autorizzati in via definitiva. Tuttavia, la disponibilità di dati certi e aggiornati sullo stato autorizzativo dei progetti rappresenta ancora una criticità strutturale. L’assenza di un database pubblico unificato e accessibile ostacola la piena trasparenza e l’efficienza del sistema. Le informazioni oggi disponibili derivano da fonti eterogenee e frammentate, come i bollettini ufficiali delle Regioni, che pubblicano le AU e, in alcuni casi, le Procedure Abilitative Semplificate (PAS). Tale raccolta risulta lacunosa: non include, ad esempio, i progetti che hanno ottenuto una VIA positiva ma non ancora l’autorizzazione, né consente di identificare con certezza i progetti già entrati in esercizio o oggetto di PPA privati. Nonostante quanto previsto dal decreto-legge 13/2023, la Regione Sicilia – area strategica per lo sviluppo delle rinnovabili – continua a non pubblicare le procedure PAS nella propria Gazzetta Ufficiale, aggravando ulteriormente il quadro. L’elenco aggiornato dei progetti potenzialmente ammessi al FerX transitorio contabilizza 2.266 impianti utility scale, tra eolico e fotovoltaico, per un totale di 22.926 MW di potenza autorizzata. Tuttavia, tale numero è destinato a essere rivisto al ribasso per diverse ragioni: alcuni progetti potrebbero aver già avuto accesso a incentivi del Fer1; altri, ancora, potrebbero aver partecipato all’iniziativa di energy release recentemente chiusa; altri ancora potrebbero già essere in esercizio, sebbene ciò non sia facilmente desumibile dalle fonti pubbliche, poiché Terna fornisce solo dati aggregati sulla potenza allacciata. A colmare queste lacune dovrebbe contribuire, almeno in parte, il portale Suer (Sportello unico per le energie rinnovabili), che il GSE è tenuto a pubblicare a breve. Lo sportello avrà il compito di raccogliere e rendere disponibili le informazioni relative ai procedimenti autorizzativi dei progetti rinnovabili, facilitando così l’interazione tra operatori, istituzioni e mercato. In definitiva, l’asta del FerX transitorio rappresenta un passaggio decisivo per l’avanzamento della transizione energetica italiana, ma la sua efficacia dipenderà anche dalla qualità del supporto informativo e dalla trasparenza dei dati messi a disposizione degli operatori. L’adozione di strumenti digitali integrati e accessibili, unitamente a un coordinamento più stringente tra i diversi livelli amministrativi coinvolti nei procedimenti autorizzativi, appare non solo auspicabile, ma necessaria per garantire l’efficienza e l’equità del sistema di assegnazione degli incentivi.

(Venerdì 30 maggio 2025, dalla Staffetta Quotidiana)

A4. Zone di accelerazione, gli operatori chiedono chiarezza sulle aree idonee

Nel corso delle audizioni presso le Commissioni Ambiente e Trasporti della Camera sul Decreto Infrastrutture (D.L. 73/2025), Alleanza per il Fotovoltaico e Italia Solare hanno sollevato un punto cruciale: non si può parlare di “zone di accelerazione” senza prima definire con chiarezza le aree idonee a ospitare impianti a fonti rinnovabili. Al centro della discussione l’art. 13 del decreto, recentemente approvato dal Consiglio dei ministri, che interviene sulla disciplina delle zone di accelerazione modificando il D.Lgs. 190/2024. È stato segnalato come lo scenario attuale sia ancora segnato da grande incertezza normativa, aggravata dalla sentenza del Tar Lazio che ha annullato parte del decreto ministeriale del 21 giugno 2024 e dalla conseguente attesa per una nuova versione da parte del ministero dell’Ambiente, prevista per luglio. Sebbene il nuovo impianto normativo preveda che le zone di accelerazione siano individuate all’interno delle aree transitorie già definite per legge, si è sottolineato che mancano ancora condizioni strutturali che garantiscano un reale slancio al settore. L’Alleanza ha, quindi, avanzato alcune proposte puntuali, tra cui la necessità di applicare criteri di proporzionalità nell’individuazione delle aree idonee, valutandole in relazione alla specifica porzione di territorio occupata dall’impianto, e di evitare l’imposizione di veti ingiustificati nell’ambito della Procedura Abilitativa Semplificata (PAS). Ha inoltre chiesto una definizione più netta del concetto di “interesse pubblico prevalente”, per evitare interpretazioni arbitrarie. Sulla stessa linea critica si è mossa Italia Solare, che ha evidenziato i rischi di un intervento normativo elaborato troppo rapidamente, capace più di alimentare nuove incertezze che di risolvere quelle esistenti. Il responsabile Affari istituzionali dell’associazione ha sottolineato come le zone di accelerazione siano una derivazione delle aree idonee e, di conseguenza, non possano essere pienamente operative finché queste ultime non siano definitivamente chiarite. Italia Solare ha proposto di inserire nel decreto una norma specifica per riformare la disciplina delle aree idonee, introducendo criteri uniformi e rendendo valide in tutto il territorio nazionale le superfici attualmente considerate idonee per legge in via transitoria. Inoltre, ha chiesto che le aree industriali siano formalmente incluse tra le zone di accelerazione, anche in presenza di piani attuativi non ancora adottati, per evitare inutili ostacoli autorizzativi. Tra le proposte avanzate, vi è anche una richiesta di maggiore flessibilità sul divieto di impianti fotovoltaici a terra in zona agricola: si suggerisce di consentirli quando destinati all’autoconsumo o prossimi ad aree produttive. Sullo stesso punto è intervenuta anche CNA, che ha chiesto di includere le aree artigianali tra quelle accelerabili.

(Martedì 3 giugno 2025, da www.quotidianoenergia.it)

A5. Optima Italia, il Tar conferma la sanzione Antitrust da 1,3 milioni di euro

Il Tar del Lazio ha confermato in pieno la legittimità della sanzione da 1,3 milioni di euro inflitta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) a Optima Italia nell’ottobre 2022, respingendo il ricorso presentato dalla Società. Alla base del provvedimento vi è una duplice contestazione: la violazione degli impegni assunti con l’Antitrust nel 2021 e il persistere di condotte commerciali scorrette nei confronti dei consumatori. Gli impegni in questione, resi obbligatori con una delibera del 13 luglio 2021, miravano a rimediare a una serie di pratiche scorrette già segnalate dall’Autorità. Tuttavia, secondo l’Agcm, Optima non ha ottemperato in modo adeguato: la documentazione contrattuale e il materiale pubblicitario non sono stati correttamente aggiornati, e la procedura di ristoro prevista per i clienti che avevano subito lo storno degli sconti in caso di recesso anticipato si è rivelata inefficace. A ciò si aggiungono ulteriori criticità emerse durante l’istruttoria, in particolare per quanto riguarda la trasparenza delle informazioni offerte ai clienti. L’Antitrust ha rilevato che le caratteristiche della fornitura, la durata degli sconti e le condizioni applicate in caso di recesso non erano comunicate in modo chiaro e completo. Il Tribunale ha giudicato infondate le doglianze di Optima, confermando la piena facoltà dell’Autorità di riaprire il procedimento originario per sanzionare l’inadempimento agli impegni presi. È stata inoltre ritenuta corretta la quantificazione della sanzione, che era stata già oggetto di riduzione da parte dell’Agcm tenendo conto delle azioni successive intraprese dalla Società. La decisione rappresenta un ulteriore segnale dell’attenzione delle istituzioni verso la tutela del consumatore e la trasparenza nelle pratiche commerciali nel settore retail dell’energia e delle telecomunicazioni.

(Martedì 3 giugno 2025, da www.quotidianoenergia.it)

B. Varie

B1. Edilizia

Il vincolo paesaggistico non decade con l’edificazione: la tutela resta autonoma e prevalente

Con la recente sentenza n. 3598 del 29 aprile 2025, il Consiglio di Stato ribadisce un principio cardine della disciplina della tutela paesaggistica: la presenza di edificazioni non comporta il venir meno del vincolo paesaggistico, né può giustificare un arretramento dell’interesse pubblico alla conservazione dei valori estetici e culturali del territorio. La pronuncia, in riforma di una sentenza del Tar Lombardia, afferma l’autonomia della funzione paesaggistica rispetto a quella urbanistica, escludendo ogni sovrapposizione o subordinazione. Il paesaggio, inteso quale morfologia visibile del territorio, rappresenta un bene costituzionalmente tutelato (art. 9 Cost.), e la sua protezione non può essere compressa da interessi urbanistici, economici o edilizi, nemmeno di natura pubblica. Ne deriva che l’autorizzazione paesaggistica, distinta e antecedente rispetto al titolo edilizio, costituisce presupposto indispensabile per qualsiasi intervento, anche in presenza di costruzioni già realizzate. Il giudizio paesaggistico, sottolinea la giurisprudenza consolidata, richiede una valutazione concreta e specifica in ordine alla compatibilità dell’opera con i valori del contesto territoriale protetto. Il diniego dell’autorizzazione non può fondarsi su formule generiche o stereotipate, ma deve contenere motivazioni puntuali riferite alle peculiarità del vincolo e alle caratteristiche dell’intervento proposto.

Il vincolo, quindi, non solo sopravvive all’edificazione, ma costituisce lo strumento attraverso cui si impongono limiti all’uso del territorio e si prescrivono misure conservative. Questo vale anche nei casi eccezionali, come la ricostruzione post-sisma del 2016, per cui il legislatore ha previsto la temporanea sospensione di alcuni titoli abilitativi, ma non ha derogato alla normativa paesaggistica di cui al Codice dei beni culturali (D.Lgs. n. 42/2004). La sentenza rafforza una visione della tutela paesaggistica come funzione autonoma, prevalente e non derogabile, la cui disciplina rimane centrale nell’ordinamento, anche a fronte di esigenze edilizie emergenziali o programmazioni urbanistiche locali.

(Giovedì 5 giugno 2025, dal “Quotidiano Giuridico”)

B2. Società, Banca e Impresa

Frode nelle pubbliche forniture: la Cassazione alza l’asticella della responsabilità

Con la sentenza n. 18589 del 2025, la Corte di Cassazione penale interviene con chiarezza sul delitto di frode nelle pubbliche forniture, delineando con rigore i presupposti per la sua configurabilità e, di riflesso, per la responsabilità dell’ente ai sensi del D.Lgs. 231/2001. Al centro della decisione, l’annullamento di un’Ordinanza del Tribunale di Salerno che aveva disposto una misura interdittiva nei confronti di una Società, accusata di aver tratto vantaggio da comportamenti illeciti dei propri vertici nell’ambito di contratti pubblici. La Suprema Corte ribadisce un principio fondamentale: il mero inadempimento contrattuale, anche se accompagnato da irregolarità come un subappalto illegittimo, non basta a integrare il reato di cui all’art. 356 c.p. Occorre, piuttosto, un quid pluris. È la malafede contrattuale – intesa come condotta ingannatoria o espediente malizioso – a costituire l’elemento differenziante rispetto al semplice inadempimento, che trova la propria sede nell’art. 355 c.p. Secondo i giudici, è necessario che l’autore della condotta abbia perseguito un disegno fraudolento tale da far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi, pur non rispettandoli realmente. Senza tale elemento, viene meno la possibilità di parlare di frode e, conseguentemente, di applicare sanzioni nei confronti dell’ente. La sentenza si colloca nel solco di un orientamento giurisprudenziale più restrittivo e fedele al dettato normativo, che evita di equiparare ogni violazione contrattuale a una frode, e preserva la distinzione tra le due figure di reato. Una posizione che incide direttamente anche sull’operatività del D.Lgs. 231/2001, escludendo responsabilità societarie in assenza di comportamenti realmente ingannatori. In conclusione, la Cassazione richiama l’interprete e i giudici di merito a un uso più rigoroso della categoria della frode, ribadendo che solo la presenza di malafede contrattuale può giustificare l’applicazione di misure interdittive nei confronti delle imprese. Un chiarimento che, oltre a rafforzare le garanzie per le società coinvolte in appalti pubblici, contribuisce a una più corretta applicazione del sistema sanzionatorio previsto dal diritto penale dell’economia.

(Giovedì 5 giugno 2025, dal “Quotidiano Giuridico”)