Settimana 20/2025 Rassegna Stampa

A. Energy Law

A1. Umbria: approvata la proposta di legge sulle aree idonee FER

La Giunta della Regione Umbria ha preadottato il 7 maggio una proposta di legge che punta a regolare l’individuazione delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile (FER). Il provvedimento, dal titolo “Misure urgenti per la transizione energetica e la tutela del paesaggio umbro”, segue un percorso di consultazione avviato nei mesi scorsi con Comuni, associazioni ambientaliste, Anci, Soprintendenza e CAI. Tra le novità principali, la possibilità di installare impianti fotovoltaici a terra in area agricola, purché non superino il 3% della superficie agricola del Comune, con esclusione degli impianti agrivoltaici per cui sono previste specifiche linee guida regionali. Viene inoltre ampliato l’elenco delle aree considerate idonee rispetto a quanto previsto dal D.Lgs. 199/2021, includendo superfici come parcheggi, invasi artificiali, distributori di carburante, immobili consortili e aree produttive dismesse. La proposta apre anche all’installazione di impianti FER su edifici, pertinenze e aree già occupate da impianti esistenti (in caso di rifacimento o potenziamento), purché l’ampliamento non superi il 30%. Un’importante spinta è riservata ai sistemi di accumulo: nei siti dove sono già presenti impianti, sarà possibile ampliare fino al 60% della superficie occupata se viene installato un sistema di accumulo con potenza almeno pari al 10% della nuova capacità. L’accumulo potrà avvenire tramite batterie, idrogeno verde o impianti idroelettrici da pompaggio. Rimane invece esclusa la possibilità di installare impianti in zone sottoposte a tutela paesaggistica, come la fascia olivata Assisi-Spoleto, le Core Zone Unesco, le abbazie benedettine e le aree a rischio idrogeologico. Tuttavia, queste limitazioni non si applicano a impianti per autoconsumo, comunità energetiche rinnovabili e agrivoltaico. Il testo sarà ora oggetto di un ciclo di incontri pubblici a partire dall’8 maggio, prima dell’approvazione definitiva da parte della Giunta e del successivo passaggio in Consiglio regionale.

(Giovedì 8 maggio 2025, da www.quotidianoenergia.it)

A2. Il TAR Lazio boccia il Decreto Ministeriale Aree Idonee e rimette alla Consulta due leggi

Il 13 maggio 2025 il TAR del Lazio ha pubblicato tre importanti decisioni che incidono profondamente sul quadro normativo nazionale e regionale in materia di energie rinnovabili. Con un’Ordinanza relativa al ricorso n. 10001/2024, i giudici hanno chiarito che la qualificazione di un’area come “non idonea” non comporta un divieto assoluto alla realizzazione di impianti, ma solo una maggiore probabilità di esito negativo nella procedura autorizzativa. La stessa Ordinanza ha inoltre rimesso alla Corte Costituzionale la legge sarda sulle aree idonee, rilevando possibili profili di incostituzionalità legati al principio di assoluta prevalenza della non idoneità e alla retroattività che ne inficia le autorizzazioni già rilasciate. Con la sentenza n. 9155, il TAR ha poi dichiarato illegittimo il Decreto Ministeriale sulle Aree Idonee, rilevando tre criticità fondamentali: l’assenza di principi guida vincolanti per le Regioni, la mancata tutela delle aree temporaneamente idonee previste dal D.Lgs. 199/2021 e l’eccessiva estensione dei vincoli di distanza dai beni culturali, che in alcuni casi ha superato i 7km, contro i 500mt previsti per il fotovoltaico. Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) dovrà ora rivedere i criteri entro 60 giorni. Infine, con la sentenza n. 9167/2025, il Tribunale ha sollevato questione di legittimità costituzionale sul decreto Agricoltura nella parte in cui ammette solo l’installazione di impianti agrivoltaici avanzati. Secondo i giudici, tale limitazione potrebbe violare il principio della massima diffusione delle fonti rinnovabili e quello di ragionevolezza, non considerando adeguatamente la varietà e il valore delle colture coinvolte.

Per un approfondimento è possibile visitare la sezione Approfondimenti al seguente link.

(Martedì 13 maggio 2025, da www.quotidianoenergia.it)

A3. Aree idonee, dopo la sentenza del Tar Lazio timori di paralisi normativa

La recente sentenza del Tar del Lazio che ha annullato parti sostanziali del decreto Mase del 21 giugno 2024 sulle aree idonee per le fonti rinnovabili ha suscitato un’ondata di reazioni tra amministratori locali, associazioni di settore e operatori. A preoccupare è l’effetto di incertezza che la decisione potrebbe generare, rischiando di bloccare l’attività normativa e rallentare ulteriormente lo sviluppo degli impianti Fer. Il presidente dell’Emilia-Romagna, Michele de Pascale, ha esortato il Governo ad agire rapidamente, sottolineando che la Regione ha lavorato intensamente alla propria proposta di legge, ora sospesa in attesa di chiarimenti. Anche l’assessore all’Ambiente dell’Umbria, Thomas De Luca, ha espresso timori per una possibile paralisi generalizzata, osservando che l’obbligo di rieditare entro 60 giorni i criteri per individuare le aree idonee e non idonee potrebbe creare uno scenario di incertezza dannoso soprattutto per le comunità energetiche e gli impianti di piccola e media taglia. Le associazioni del settore cercano di mantenere un atteggiamento costruttivo. Anie Rinnovabili si è detta pronta a collaborare con il ministero per recuperare il ritardo, evidenziando il valore della sentenza come opportunità per un riordino normativo. Tuttavia, ha espresso rammarico per la mancata sinergia tra Stato e Regioni e per gli anni persi. Dello stesso avviso il coordinamento Free, che ha definito la sentenza “un colpo al cuore” per un sistema già fragile e ha invocato regole nazionali chiare e omogenee per superare le disparità regionali. Il Wwf ha commentato con durezza, chiedendo uno stop agli errori normativi che negli ultimi anni hanno ostacolato lo sviluppo delle rinnovabili. La sentenza, insieme a quella sul D.L. Agricoltura, rappresenterebbe per l’associazione ambientalista una prova della fragilità dell’attuale quadro legislativo. Il Gse dovrà mappare entro fine mese le nuove aree di accelerazione, previste dal D.Lgs. 190/2024, aggiungendo ulteriore complessità a un quadro già difficile. L’urgenza ora è evitare uno stallo legislativo che rischia di mettere a repentaglio gli obiettivi italiani in materia di transizione energetica.

(Martedì 14 maggio 2025, da www.quotidianoenergia.it))

B. VarieB1. Società, Banca e Impresa

Phishing, il Tribunale di Bari: colpa del cliente se non avvisa la banca

Il Tribunale di Bari ha respinto la richiesta risarcitoria di un correntista vittima di phishing, stabilendo con la sentenza n. 544/2025 che la responsabilità della frode informatica ricade sul cliente stesso. Il Giudice ha ritenuto gravemente negligente la condotta dell’utente, che non aveva comunicato alla banca la disattivazione del proprio numero di cellulare certificato, usato per l’home banking. Il caso risale al luglio 2019, quando l’uomo si è accorto di una serie di bonifici non autorizzati eseguiti tramite il servizio di home banking. La banca ha dimostrato di aver adottato sistemi di autenticazione forte e ha eccepito che l’interruzione del servizio mobile, essenziale per l’accesso sicuro al conto, non era stata tempestivamente segnalata dal cliente. Il Tribunale ha sottolineato che tale omissione ha impedito all’istituto di credito di intervenire per tempo. Secondo la normativa vigente (D.Lgs. 11/2010), l’onere della prova in caso di operazioni fraudolente grava sul prestatore dei servizi di pagamento, salvo che dimostri l’adozione di misure di sicurezza adeguate e una colpa grave del cliente. In questo caso, l’omessa comunicazione della perdita del numero telefonico è stata considerata una negligenza grave, sufficiente a escludere la responsabilità della banca. La pronuncia conferma l’importanza, per i correntisti, di osservare una diligenza minima e collaborare attivamente nella tutela dei propri strumenti di pagamento. La sicurezza informatica non è solo un obbligo per le banche, ma anche una responsabilità condivisa con gli utenti.

(Lunedì 12 maggio 2025, dal “Quotidiano Giuridico”)

B2. Imposte

Cessione del diritto di superficie: l’Agenzia delle Entrate chiarisce il regime fiscale applicabile dal 2024

Con una recente risposta a interpello, l’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti in merito al trattamento fiscale dei corrispettivi derivanti dalla costituzione del diritto di superficie, alla luce delle modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2024. Il caso sottoposto riguardava un’associazione sportiva dilettantistica, qualificata come ente non commerciale, che nel 2024 ha ceduto la proprietà di una costruzione già esistente separatamente dalla proprietà del suolo, ai sensi dell’art. 952, comma 2, del Codice civile. L’istante aveva ipotizzato che tale cessione potesse configurare una vera e propria alienazione immobiliare, rientrante nel regime delle plusvalenze previsto dall’art. 67, comma 1, lettera b), del TUIR. Tuttavia, l’Agenzia ha escluso questa interpretazione, specificando che – a partire dal 1° gennaio 2024 – i corrispettivi derivanti dalla costituzione a titolo oneroso di diritti reali di godimento, come il diritto di superficie, rientrano espressamente nell’ambito dell’art. 67, comma 1, lettera h), del TUIR. La modifica normativa stabilisce quindi una distinzione chiara tra la cessione e la costituzione dei diritti reali: solo le prime possono dar luogo a plusvalenze, mentre le seconde generano redditi diversi imponibili per l’intero ammontare percepito, al netto delle spese specificamente inerenti alla loro produzione. Tale reddito, ai sensi dell’art. 71 del TUIR, viene tassato nel periodo d’imposta in cui è effettivamente percepito, secondo il principio di cassa. In conclusione, l’Agenzia ha confermato che, nel caso in esame, il corrispettivo percepito dall’associazione per la costituzione del diritto di superficie va assoggettato al regime dei redditi diversi ex art. 67, comma 1, lettera h), e non a quello delle plusvalenze.

(Martedì 13 maggio 2025, da www.agenziaentrate.gov.it)

B3. Cittadinanza

Decreto cittadinanza al rush finale, ma la tensione cresce nella maggioranza

Il decreto che riforma le norme sulla cittadinanza, centrato sul principio dello ius sanguinis, è ormai alle battute finali. Tuttavia, alla vigilia del primo voto al Senato, emergono fratture interne alla maggioranza, con la Lega che mostra segnali di insofferenza. Il partito esprime forti riserve sul provvedimento, temendo ripercussioni per i figli degli emigrati italiani all’estero, molti dei quali discendenti da famiglie originarie del Nord. A confermare il dissenso, uno dei tre leghisti nella commissione Affari costituzionali, Paolo Tosato, ha deciso di non partecipare al voto, prendendo le distanze dalla linea ufficiale del Governo. Nonostante ciò, la Lega promette di sostenere il decreto in Aula, spinta anche dalla pressione degli alleati di Fratelli d’Italia, i principali promotori della misura. Eppure i dubbi persistono, condivisi anche dal Movimento associativo italiani all’estero (Maie), storicamente vicino alla maggioranza ma ora pronto a votare contro. Parallelamente, un altro dossier delicato scuote gli equilibri della coalizione: il decreto sicurezza. Da sempre cavallo di battaglia leghista, il testo è stato a lungo osteggiato dalle opposizioni e ha dovuto superare le riserve del Quirinale su alcune delle norme più controverse. Dopo mesi di impasse, il Governo ha deciso di trasformarlo in decreto, rilanciandolo alla Camera. Per evitare nuovi rallentamenti o insidie interne, la maggioranza ha convocato una riunione di coalizione, decidendo di ritirare i propri emendamenti – circa cinquanta – e proponendo di limitare il confronto a circa cinquecento emendamenti “segnalati” dalle opposizioni. Sullo sfondo, resta l’allarme del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), che ha sollevato perplessità sul massiccio ricorso al penale previsto dal testo e sull’impatto che ciò avrebbe sui tribunali italiani. È un segnale delle tensioni latenti tra i partner di governo, che si manifestano anche sul fronte della politica estera. Le divergenze tra Forza Italia e Fratelli d’Italia, e in particolare tra il ministro Tajani e la premier Meloni, sono sempre più evidenti, mentre il rapporto tra Lega e FdI appare segnato da una crescente diffidenza reciproca. Il provvedimento sulla cittadinanza non è nuovo a divisioni. L’intento del Governo è quello di frenare il boom di richieste, considerate da alcuni un vero e proprio “mercato illegale”, soprattutto in Paesi come il Brasile. La Lega condivide l’obiettivo ma si oppone all’inserimento della nascita in Italia come requisito, temendo che ciò possa aprire la strada allo ius soli e facilitare le richieste degli stranieri residenti. Un compromesso era stato trovato nei giorni scorsi, eliminando tale previsione dal testo. Tuttavia, le pressioni degli italiani all’estero e la loro opposizione pubblica al decreto hanno riacceso le tensioni. Il nodo ora riguarda il vincolo per l’ottenimento della cittadinanza italiana da parte dei figli di emigrati all’estero: secondo il decreto, essa sarebbe concessa solo a chi ha ascendenti “esclusivamente italiani” e per un massimo di due generazioni. In pratica, sarebbe esclusa la doppia cittadinanza, condizione comune alla quasi totalità degli italiani oltre confine. Un ulteriore ostacolo è arrivato dal Ministero dell’Economia che ha bocciato un emendamento di Fratelli d’Italia. Il testo prevedeva l’obbligo di un certificato di conoscenza dell’italiano per mantenere la cittadinanza in caso di nascita e residenza all’estero, con genitori o nonni con doppia cittadinanza. La relazione tecnica ha segnalato non solo costi aggiuntivi per i consolati, ma anche il rischio di creare “disparità difficilmente giustificabili” tra cittadini italiani, fino alla possibilità estrema di generare casi di apolidia.

(Mercoledì 14 maggio 2025, da www.ansa.it)