A1. Teleriscaldamento, il TAR boccia l’equiparazione tra operatori
Il TAR della Lombardia ha accolto parzialmente il ricorso presentato da Nuovenergie Teleriscaldamento contro la delibera 638/2023 di Arera, che definisce il metodo tariffario transitorio per il settore. Secondo il Tribunale, l’Autorità non ha fornito una motivazione adeguata per l’equiparazione tra operatori integrati – che producono, distribuiscono e vendono energia – e quelli che si limitano alla sola vendita al dettaglio.Nel caso specifico, Nuovenergie – controllata dai Comuni di Rho, Pero e Settimo Milanese – gestisce solo la rete di teleriscaldamento, senza essere coinvolta nella produzione di energia. Una condizione ben diversa da quella degli operatori verticalmente integrati, ma che, secondo la delibera Arera, viene trattata in modo identico in termini tariffari. Per i giudici, questa equiparazione, pur astrattamente legittima in nome della tutela degli utenti, non tiene conto delle concrete differenze di mercato e di struttura dei costi tra i due modelli di impresa.Il TAR sottolinea inoltre come Arera abbia ignorato le osservazioni presentate da Nuovenergie, nonostante la specificità della sua attività sia riconosciuta all’interno dello stesso metodo tariffario. Lo stesso vizio di motivazione è stato riscontrato anche nella successiva delibera 54/2025, che conferma l’impianto transitorio.La decisione arriva a poche settimane di distanza da un altro pronunciamento del TAR, che aveva invece respinto il ricorso di Metan Alpi Sestriere Teleriscaldamento. In quell’occasione, i giudici avevano evidenziato come le modifiche introdotte dalla delibera 597/2024 avessero soddisfatto la maggior parte dei ricorrenti, inducendoli a rinunciare alla causa. Ma il caso di Nuovenergie riapre il dibattito sulla reale equità del metodo transitorio, rimettendo in discussione l’impianto normativo e tariffario voluto da Arera.
(Giovedì 22 maggio 2025, da www.quotidianoenergia.it)
A2. Zone di accelerazione per le rinnovabili: in vigore il D.L. Infrastrutture, online la mappa del GSE
È ufficialmente in vigore il nuovo Decreto Infrastrutture (D.L. 73/2025), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 21 maggio, che introduce importanti modifiche al Testo unico sulle fonti rinnovabili. Il provvedimento interviene sul D.Lgs. 190/2024, ridefinendo le modalità di individuazione delle cosiddette “zone di accelerazione” per l’installazione degli impianti FER. L’art. 13 del decreto stabilisce che queste zone dovranno rientrare nelle aree già considerate idonee secondo l’art. 20, comma 8, del D.Lgs. 199/2021, abbandonando così il riferimento al comma 4. Le zone di accelerazione coincidono ora con le aree industriali previste dagli strumenti urbanistici di livello comunale, sovracomunale o regionale. Entro il 31 agosto 2025, le Regioni e le Province autonome dovranno presentare alla valutazione ambientale strategica (VAS) i piani per l’individuazione delle zone di accelerazione terrestri. In caso di inadempienza, interverrà lo Stato con poteri sostitutivi. La procedura VAS seguirà un iter semplificato, con tempistiche dimezzate rispetto a quelle ordinarie. Parallelamente, il GSE ha rispettato la scadenza del 21 maggio prevista dal Testo unico pubblicando la mappatura nazionale delle zone di accelerazione. La mappa, consultabile online sul sito del Gestore, offre un quadro aggiornato e sarà arricchita in futuro con i contributi degli enti locali. Contestualmente, è stata resa disponibile anche la Piattaforma delle Aree Idonee (PAI), un nuovo strumento digitale a supporto della pianificazione territoriale. La piattaforma, basata su dati aggiornati al 30 aprile 2025 e sulle informazioni del Corine Land Cover, sarà soggetta a continuo aggiornamento per accompagnare l’evoluzione del quadro normativo e territoriale. Con queste novità, il Governo punta a velocizzare l’iter autorizzativo per gli impianti rinnovabili, rafforzando il coordinamento tra Stato e territori nella transizione energetica.
A3. Tutele Graduali, il Tar annulla le delibere Arera: carenza di istruttoria e difetto di motivazione sulle compensazioni
Il Tar della Lombardia ha annullato le delibere nn. 10/2025 e 48/2025 dell’Arera sull’attuazione dell’art. 24 della Legge Concorrenza n. 193/2024, accogliendo i ricorsi presentati da Edison, Illumia ed Enel. Al centro della vicenda la c.d. “norma Gusmeroli”, che consente ai clienti elettrici vulnerabili di chiedere l’accesso al Servizio a Tutele Graduali (Stg) entro il 30 giugno. Secondo il Tar, la norma non impone ai gestori l’obbligo di accogliere tali richieste, soprattutto se ciò comporta costi eccessivi. Il Tribunale ha riscontrato gravi carenze istruttorie e motivazionali da parte dell’Autorità, che non avrebbe stimato l’impatto economico della misura né valutato i potenziali oneri aggiuntivi a carico dei gestori. I giudici hanno inoltre sottolineato che l’Arera non ha adeguatamente motivato l’assenza di compensazioni, “non avendo esposto in modo esaustivo le ragioni dell’omessa valutazione dell’impatto economico-finanziario derivante dall’applicazione della norma e le ragioni per le quali ha ritenuto sussistente l’obbligo di contrarre a carico dei gestori del Stg a fronte del paventato disequilibrio economico derivante dall’applicazione dell’art. 24 secondo modalità confliggenti con il principio di economicità”. Nei ricorsi di Edison e Illumia è intervenuta ad adiuvandum anche Aiget, l’associazione dei grossisti di energia e trader. Le stesse imprese, come già segnalato, avevano rilevato che la norma Gusmeroli non ha generato, nei fatti, un passaggio massivo di clienti vulnerabili al Stg. Al contrario, il numero di clienti serviti dal servizio a tutele graduali è progressivamente diminuito negli ultimi mesi, nonostante le condizioni economiche offerte siano molto vantaggiose
(Lunedì 26 maggio 2025, dalla Staffetta Quotidiana)
A4. Aree idonee FER e governance energetica: il Consiglio dei ministri non impugna le leggi regionali di Abruzzo e Calabria, ma resta l’incertezza post-TAR
Il Consiglio dei ministri ha deliberato di non impugnare due provvedimenti regionali rilevanti in materia di energia: la legge dell’Abruzzo che disciplina le aree idonee alla realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili (FER) e quella della Calabria istitutiva dell’Agenzia regionale per l’energia (Arec). Tuttavia, sul piano dell’efficacia delle normative regionali in materia di localizzazione degli impianti FER permane una significativa incertezza a seguito della recente sentenza del TAR Lazio che ha annullato il D.M. MASE 21 giugno 2024. In particolare, il TAR ha ritenuto illegittima la discrezionalità attribuita alle Regioni nella delimitazione delle aree idonee, ritenendo tale attribuzione eccedente il perimetro delle competenze regionali e lesiva del principio di legalità, in assenza di adeguato fondamento normativo statale. Di conseguenza, fatta eccezione per Friuli Venezia Giulia, Abruzzo e Sardegna (la cui legge è però oggetto di impugnativa), la maggior parte delle Regioni ha sospeso o rallentato l’iter legislativo, in attesa di un nuovo intervento regolatorio da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Quest’ultimo non intenderebbe impugnare la sentenza dinanzi al Consiglio di Stato, ma punterebbe piuttosto all’adozione di un nuovo decreto attuativo entro luglio. La legge abruzzese si colloca dunque in un quadro giuridico ancora instabile, sollevando dubbi sull’effettiva operatività delle disposizioni regionali, in assenza di un chiaro coordinamento con la normativa statale riformulata alla luce della pronuncia amministrativa. Parallelamente, è stata confermata la legittimità della legge regionale calabrese n. 18 del 4 aprile 2025, che istituisce l’Agenzia regionale per l’energia della Calabria (Arec), con sede a Catanzaro. L’Agenzia assume un ruolo tecnico-gestionale nel supportare le politiche energetiche regionali, con competenze estese che includono il monitoraggio degli impianti termici, la promozione dell’efficienza energetica, il supporto alla costituzione delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) e l’attività istruttoria relativa alle autorizzazioni regionali in materia energetica. La scelta del Governo di non promuovere conflitto di attribuzioni nei confronti dei due provvedimenti evidenzia un atteggiamento di apertura verso le iniziative regionali, ma allo stesso tempo accentua la necessità di un quadro normativo statale chiaro e coordinato, in grado di garantire certezza giuridica agli operatori del settore.
(Martedì 27 maggio 2025, da www.quotidianonergia.it)
A5. Saturazione virtuale delle reti, il Mase ritira l’emendamento per un intervento normativo organico
Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha annunciato il ritiro dell’emendamento relativo alla c.d. “saturazione virtuale” delle reti elettriche, con l’intento dichiarato di costruire un quadro normativo più ampio e strutturato. L’obiettivo, come chiarito dalla viceministra Vannia Gava durante un’interrogazione alla Camera da parte del deputato PD Vinicio Peluffo, non è solo affrontare l’annoso problema della congestione virtuale della rete elettrica nazionale, ma anche intervenire sulla capacità fisica del sistema di accogliere nuovi impianti da fonti rinnovabili, attraverso una più stretta armonizzazione tra l’operato di Terna e dei distributori locali. Nel corso del dibattito in Commissione Attività produttive, Peluffo ha sollevato il tema della tutela per quegli impianti rinnovabili il cui iter autorizzativo sia già in fase avanzata. Si tratta, in particolare, di progetti che abbiano ottenuto la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) o una verifica di assoggettabilità positiva, oppure che abbiano già ricevuto il benestare tecnico da parte di Terna. Gava ha assicurato che il Mase ha già avviato le necessarie interlocuzioni: dal 14 aprile è attivo un tavolo di confronto con Terna, Arera e i principali distributori, accompagnato da una consultazione con le principali associazioni di settore, i cui risultati – ha anticipato la viceministra – saranno resi noti nelle prossime settimane. Il tema della saturazione virtuale, secondo Gava, va affrontato in un’ottica evolutiva. Non si tratta infatti di un blocco fisico delle capacità di rete, ma piuttosto di un ingorgo potenziale, dovuto a richieste di connessione che non sempre si traducono in progetti effettivamente realizzati. Il sistema elettrico italiano, ha ricordato, si è dato obiettivi ambiziosi al 2030, e occorre quindi intervenire con urgenza sia per snellire le procedure autorizzative future, sia per selezionare e ottimizzare le richieste già presentate, premiando quelle con maggiori probabilità di realizzazione e impatto positivo sulla rete. La proposta ministeriale – presentata inizialmente come emendamento al Decreto Bollette – includeva già clausole di salvaguardia per gli impianti in fase avanzata, con connessioni validate (i c.d. “benestari”) dal gestore della rete di trasmissione. Il nuovo sistema di rilascio delle connessioni rappresenta secondo il Mase un cambio di paradigma. In questa fase iniziale, il meccanismo sarà applicato principalmente a impianti rinnovabili diversi da quelli eolici offshore e ai sistemi di accumulo in batteria (BESS). I proponenti potranno scegliere tra le soluzioni di connessione disponibili, messe a disposizione da Terna secondo modalità aperte e trasparenti. Il quadro normativo sarà completato da un aggiornamento delle regole tecniche, procedurali ed economiche a cura dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera). In questo scenario, l’approccio del Governo punta a trasformare un vincolo tecnico in un’opportunità di pianificazione, capace di razionalizzare lo sviluppo delle rinnovabili in modo coordinato con le effettive capacità del sistema elettrico nazionale.
(Mercoledì 28 maggio 2025, dalla Staffetta Quotidiana)
B1. Società, Banca e Impresa
Pubblicata la legge sulla partecipazione agli utili e alla gestione dei lavoratori in azienda
È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 120 del 26 maggio 2025 la Legge 15 maggio 2025, n. 76, che introduce un quadro organico di misure per la partecipazione dei lavoratori alla gestione, al capitale e agli utili delle Imprese. La nuova disciplina, in attuazione dell’art. 46 della Costituzione e in linea con i principi europei, mira a rafforzare la collaborazione tra datore di lavoro e dipendenti, valorizzando il contributo dei lavoratori sia sul piano economico che sociale. La legge distingue quattro forme di partecipazione: gestionale, economico-finanziaria, organizzativa e consultiva. Di particolare rilievo per il diritto societario è la possibilità di introdurre, su base statutaria, rappresentanti dei lavoratori nei consigli di amministrazione e nei comitati di controllo delle Società, secondo modalità stabilite dai contratti collettivi. In ambito economico-finanziario, per il 2025 è previsto un regime fiscale agevolato per gli utili distribuiti ai lavoratori: la soglia per l’imposta sostitutiva al 5% sale da 3.000 a 5.000 euro, mentre i dividendi derivanti da azioni sostitutive dei premi di risultato godranno di un’esenzione IRPEF del 50% fino a 1.500 euro. La riforma promuove anche la partecipazione organizzativa attraverso commissioni paritetiche e l’introduzione di nuove figure aziendali dedicate a formazione, welfare, inclusione e qualità del lavoro. Le piccole Imprese (con meno di 35 dipendenti) potranno attivare forme di partecipazione tramite enti bilaterali. Infine, viene riconosciuto un ruolo centrale alla partecipazione consultiva, da attuarsi con il coinvolgimento delle rappresentanze sindacali in apposite commissioni paritetiche, secondo regole definite nei contratti collettivi nazionali. La legge istituisce anche una Commissione nazionale permanente presso il CNEL, con compiti di monitoraggio e indirizzo, composta da rappresentanti istituzionali e delle parti sociali. Una riforma che segna un passo importante verso un modello d’impresa più inclusivo e partecipato.
(Martedì 27 maggio 2025, dal “Quotidiano Giuridico”)
B2. Imposte
Cassazione: niente detrazione IVA per operazioni manifestamente antieconomiche
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 13928/2025, ha stabilito che il diritto alla detrazione dell’IVA può essere escluso quando l’operazione commerciale è manifestamente antieconomica. Il principio affonda le sue radici nella giurisprudenza consolidata secondo cui la detrazione dell’imposta, pur ispirata al criterio della neutralità del tributo, non è automatica se l’Amministrazione finanziaria dimostra che l’operazione si discosta macroscopicamente da una logica economica normale. Il caso riguarda una Società, la S.A. S.r.l., alla quale l’Agenzia delle Entrate aveva contestato l’antieconomicità della gestione legata alla rivendita di auto usate, operazione che aveva generato una perdita di quasi 68mila euro, anche a causa dei costi di ricondizionamento. La Società aveva inizialmente ottenuto un parziale accoglimento del ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Caserta, che aveva riconosciuto il diritto alla detrazione IVA, pur confermando il recupero per le imposte dirette. L’Agenzia ha quindi proposto ricorso, accolto dalla Cassazione, che ha cassato la sentenza con rinvio. La Suprema Corte ha ribadito che, se l’Amministrazione dimostra in modo oggettivo l’antieconomicità di un’operazione, questa può costituire un indizio di non veridicità della fattura o di non inerenza dell’acquisto all’attività d’impresa. In questi casi, spetta al contribuente fornire la prova contraria, dimostrando che il bene o servizio è stato realmente fornito e utilizzato per finalità imprenditoriali. Nel caso specifico, la gestione della Società appariva anomala anche per altri elementi, come la brevità tra l’acquisto e la rivendita delle vetture, e la distribuzione del margine in favore di terzi. La decisione chiarisce che il principio di neutralità dell’IVA non può essere invocato in modo astratto e assoluto quando emergono elementi concreti che mettono in dubbio la genuinità dell’operazione.
(Mercoledì 28 maggio 2025, dal “Quotidiano Giuridico”)