Settimana 26/2025 Rassegna Stampa

A. Energy Law

A1. Fonti rinnovabili e contenzioso amministrativo: tra illegittimità procedimentali e silenzi inadempienti

La recente rassegna giurisprudenziale in materia di fonti rinnovabili conferma il ruolo centrale del giudice amministrativo nel garantire la legalità dell’azione pubblica in un settore strategico per la transizione energetica. Particolarmente rilevante è la sentenza dell’8 aprile con cui il TAR Puglia ha annullato la delibera del Consiglio dei Ministri che aveva espresso giudizio negativo di compatibilità ambientale su un impianto agrovoltaico da 27,3 MW proposto da Whysol-E Sviluppo S.r.l. Il Tribunale ha censurato la tardività del parere del Ministero della Cultura, le carenze istruttorie e l’omesso bilanciamento tra interessi pubblici rilevanti, ritenendo il procedimento viziato sotto plurimi profili. Il TAR Lazio, con sentenza del 7 maggio, ha, invece, accolto il ricorso di Green Sole Renewables Italia S.r.l., sollevando questione di legittimità costituzionale sull’art. 5 del D.L. 63/2024, che vieta l’installazione di impianti fotovoltaici su terreni agricoli. Il giudice ha evidenziato un potenziale contrasto con principi costituzionali e norme unionali, rimettendo la questione alla Corte costituzionale. Numerose pronunce dei TAR di Puglia, Sardegna, Sicilia e Campania hanno accertato l’illegittimità del silenzio serbato dal Ministero dell’Ambiente e dalla Commissione PNRR–PNIEC su istanze di VIA presentate da operatori del settore. In tutti i casi, i giudici hanno ordinato la conclusione dei procedimenti entro termini perentori, in alcuni casi nominando un commissario ad acta in caso di ulteriore inerzia. Le sentenze pongono in evidenza il mancato rispetto dei termini procedimentali e il conseguente pregiudizio agli investimenti programmati. In parallelo, il Consiglio di Stato ha confermato l’illegittimità di dinieghi comunali alla realizzazione di impianti fotovoltaici in aree industriali, rigettando i ricorsi del Comune di Cervaro e ribadendo la prevalenza della normativa statale e regionale che definisce dette aree come idonee alla localizzazione di impianti a fonti rinnovabili. Ulteriori decisioni hanno riguardato l’esercizio del potere di autotutela da parte del GSE: è stato annullato il provvedimento emesso nei confronti di Baioni Crushing Plants per tardività e violazione delle garanzie procedimentali, mentre è stata confermata la revoca degli incentivi per Gb Real Estate, fondata su gravi falsificazioni documentali. È stato infine respinto il ricorso di Sofir contro la sanzione Antitrust per pratiche commerciali scorrette, con conferma della proporzionalità della misura. Nel complesso, le sentenze emesse nel periodo 7–13 giugno 2025 evidenziano come i giudici amministrativi agiscano a presidio dei principi di legalità, efficienza e buon andamento, riaffermando il diritto degli operatori del settore a una pubblica amministrazione trasparente, tempestiva e non ostativa, in linea con gli obiettivi nazionali ed europei di transizione ecologica.

(Giovedì 19 giugno 2025, dalla Staffetta Quotidiana)

A2. FerX transitorio: aggiornate le regole operative

Con decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), in vigore dal 19 giugno, sono state approvate le nuove regole operative del FerX transitorio, lo strumento di supporto alle fonti rinnovabili mature previsto dal D.M. 4 luglio 2019. Le modifiche, che integrano e sostituiscono le versioni precedenti, riguardano aspetti chiave delle procedure competitive e degli accessi diretti al meccanismo di incentivazione. Il documento aggiornato è suddiviso in due sezioni. La Parte A, relativa alla partecipazione alle aste, introduce integrazioni sul modello di garanzia definitiva e sull’appendice al contratto autonomo di garanzia, che i richiedenti dovranno utilizzare per accedere ai meccanismi di supporto. Vengono inoltre precisati i termini per lo svincolo della garanzia al termine della valutazione di entrata in esercizio, oltre a chiarire, tra le cause di decadenza dalla graduatoria, il divieto di trasferimento a terzi degli impianti ammessi prima della stipula del contratto con il GSE. La Parte B riguarda invece le regole operative per la comunicazione di avvio lavori (per gli accessi diretti), per l’entrata in esercizio degli impianti e per l’erogazione dei prezzi di aggiudicazione. Particolare attenzione è riservata alla corretta determinazione della potenza nominale cumulata per impianti ≤1 MW, anche in relazione al superamento delle soglie per l’accesso diretto. In parallelo, l’ARERA ha posto in consultazione, fino al 4 luglio, i propri orientamenti sui prezzi di aggiudicazione per impianti fino a 1 MW che accedono direttamente al FerX transitorio. Quanto al meccanismo FerX a regime, è atteso per l’autunno, secondo quanto dichiarato dal Direttore generale mercati e infrastrutture energetiche del MASE, Alessandro Noce, durante un recente convegno promosso da ANEV.

(Giovedì 19 giugno 2025, da www.quotidianoenergia.it)

A3. Via libera al disegno di legge “Aree idonee” in Valle d’Aosta: accelerazione sulle rinnovabili

Il Consiglio regionale della Valle d’Aosta ha approvato il 17 giugno 2025 il disegno di legge n. 197/XVI, denominato “Misure urgenti per l’individuazione di superfici e aree per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili”, con l’obiettivo di delineare un quadro chiaro e coerente per lo sviluppo delle energie rinnovabili sul territorio. Il provvedimento è il frutto di un lavoro coordinato dal Tavolo Tecnico regionale e in stretta sintonia con le proposte avanzate da Italia Solare. Il testo della legge, già assegnato alla III e IV Commissione consiliare per gli approfondimenti di rito, individua con precisione le aree considerate idonee all’installazione di impianti fotovoltaici ed eolici, tra cui tetti degli edifici, parcheggi, aree industriali e cave dismesse. Particolare attenzione è stata rivolta alla compatibilità ambientale e paesaggistica, introducendo criteri di esclusione per zone agricole di pregio, ambiti glaciali e siti soggetti a vincoli culturali o idrogeologici. Non mancano eccezioni, come nel caso degli impianti agrivoltaici avanzati, valutati sulla base della normativa nazionale vigente. Sul fronte eolico, la norma consente interventi solo su siti già occupati, con modifiche che non superino il 20% dell’area esistente. La legge stabilisce inoltre un sistema di governance e monitoraggio affidato al neonato Tavolo Tecnico sulle Aree Idonee, in collaborazione con Finaosta S.p.A., e prevede incentivi economici per soggetti pubblici e privati coerenti con il PEAR VDA 2030.

Il disegno di legge introduce anche semplificazioni procedurali, come la deroga alla conformità urbanistica per impianti situati in aree dichiarate idonee, e recepisce le disposizioni nazionali sul procedimento autorizzatorio unico. Sul piano finanziario, si segnala una rimodulazione delle risorse destinate alle politiche del lavoro, con una riduzione di 500.000 euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027. Il provvedimento ha ottenuto una valutazione di successo massima dagli interlocutori regionali e si prevede la sua pubblicazione ufficiale entro luglio 2025. Un passo importante verso la decarbonizzazione e una gestione territoriale equilibrata delle energie rinnovabili.

A4. Sentenza n. 43/2025: la Consulta apre la via ai rimborsi sull’addizionale elettrica

Con la sentenza n. 43 del 2025, la Corte costituzionale ha segnato un punto di svolta nella complessa vicenda relativa all’addizionale provinciale sull’energia elettrica, dichiarando l’illegittimità costituzionale della norma che ne regolava la riscossione. La decisione, che produce effetti ex tunc, ovvero retroattivi, ha avuto l’effetto immediato di trasformare quanto era considerato un diritto di credito a favore dello Stato in un vero e proprio diritto al rimborso da parte dei cittadini e delle imprese, riaprendo scenari di contenzioso e di rivalsa nei confronti dell’Agenzia delle Dogane (ADM). La Corte ha accolto le istanze sollevate in una controversia tra privati – utente finale e fornitore – riconoscendo che una norma nazionale non può trovare applicazione quando contrasta con una direttiva europea chiara, precisa e incondizionata, anche se non correttamente trasposta. È stato così superato il principio espresso dalla Cassazione nel 2020, secondo cui l’utente finale poteva rivolgersi solo al fornitore e non direttamente all’ADM, anche in presenza di un prelievo ritenuto indebito. Grazie alla nuova pronuncia, si stabilisce che, per i rapporti non ancora esauriti, gli utenti potranno agire direttamente nei confronti delle Dogane per ottenere il rimborso o avviare mediazioni e azioni legali nei confronti dei fornitori, i quali a loro volta potranno rivalersi sull’Agenzia. Il nuovo scenario normativo permette dunque sia ai consumatori che ai fornitori di accedere a forme di tutela più efficaci: il primo potrà avviare azioni in giudizio ordinario o presso le Corti tributarie, il secondo potrà sollecitare l’ADM a sostituirsi nel pagamento delle somme dovute o a farsi manlevare dai relativi oneri economici, inclusi interessi e spese legali. Il rapporto giuridico tra fornitore e ADM, fondato su una norma ora dichiarata incostituzionale, è da considerarsi cessato per assenza di base legittima. Resta, infine, la possibilità di compensare quanto dovuto con le accise in pagamento, mediante apposita nota esplicativa emessa dall’ADM. La sentenza ha dunque riportato coerenza in un sistema normativo frammentato e complesso, riaffermando il principio di legalità e il diritto alla ripetizione dell’indebito. Resta ora da vedere se le prassi applicative saranno all’altezza del nuovo assetto giurisprudenziale.

(Venerdì 20 giugno 2025, da www.quotidianoenergia.it)

A5. Sospensione del procedimento legislativo sulla proposta di Direttiva “Green Claims” e interruzione del trilogo interistituzionale

Il processo legislativo relativo alla proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla fondatezza e la comunicazione delle dichiarazioni ambientali volontarie (c.d. “Green Claims Directive”) ha subito un’improvvisa battuta d’arresto in seguito all’annuncio, da parte della Commissione europea, dell’intenzione di ritirare l’iniziativa normativa. Tale decisione, comunicata a pochi giorni dalla prevista conclusione del trilogo interistituzionale del 23 giugno, ha determinato la cancellazione dei negoziati da parte della Presidenza del Consiglio, generando forte disappunto al Parlamento europeo. La proposta, presentata dalla Commissione nel marzo 2023, aveva l’obiettivo di armonizzare i requisiti minimi a livello UE in materia di validazione e trasparenza delle dichiarazioni ambientali volontarie, imponendo alle imprese obblighi probatori preventivi per l’impiego di termini ambientali nelle comunicazioni commerciali. Essa si poneva come strumento complementare rispetto alla normativa generale sul contrasto al greenwashing e avrebbe inciso in modo significativo sulla regolazione delle pratiche di marketing ambientale all’interno del mercato unico. L’interruzione del negoziato è stata determinata anche da una comunicazione formale trasmessa alla commissaria europea per l’Ambiente da parte di due relatori ombra del Partito Popolare Europeo, i quali hanno contestato la mancanza di una valutazione d’impatto e l’inadeguatezza della proposta rispetto ai principi del “Better Regulation”. A seguito di tale presa di posizione, la Commissione ha dichiarato la propria intenzione di ritirare l’iniziativa, generando incertezza tra gli Stati membri e determinando la perdita della maggioranza favorevole in Consiglio, anche a causa del riposizionamento dell’Italia. I presidenti delle commissioni parlamentari competenti hanno espresso pubblicamente preoccupazione per il rischio di un “precedente istituzionale pericoloso”, che potrebbe compromettere la regolarità del processo legislativo e l’equilibrio tra i colegislatori. Analoga posizione è stata assunta da alcuni correlatori, che hanno definito prematuro e infondato il ripensamento della Commissione, sottolineando come ciò abbia determinato una destabilizzazione politica all’interno del Consiglio. Nonostante lo stallo procedurale, i rappresentanti dell’Europarlamento hanno manifestato la volontà di riprendere quanto prima il confronto, auspicando la riattivazione del dialogo interistituzionale sulla base del testo negoziale consolidato.

(Martedì 24 giugno 2025, da www.quotidianoenergia.it)

B. Varie

B1. Edilizia

Effetti giuridici dell’istanza di condono edilizio: limiti all’attività edificatoria e obbligo di repressione degli abusi sopravvenuti

La semplice presentazione di un’istanza di condono edilizio non legittima il richiedente a completare, modificare o ampliare le opere oggetto della domanda. Lo ribadisce il TAR Lazio, con la sentenza n. 9037 del 12 maggio 2025, riaffermando un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato: l’immobile resta abusivo sino all’eventuale rilascio della sanatoria, con la conseguenza che ogni intervento edilizio successivo, in assenza dei requisiti formali previsti dalla legge, è anch’esso da considerarsi abusivo e soggetto a ordinanza di demolizione. La decisione si inserisce nel solco di precedenti conformi, sia della giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato n. 590/2025; TAR Campania n. 90/2025), sia di quella penale (Cass. Pen., n. 17286/2025), secondo cui la valutazione dell’abuso edilizio deve essere complessiva, tenendo conto dell’effetto congiunto delle opere realizzate e del loro impatto urbanistico. Soltanto in casi eccezionali, come stabilito dall’art. 35 della Legge n. 47/1985, è ammesso il completamento di modesti interventi, purché l’interessato ne dia tempestiva comunicazione all’amministrazione e presenti una perizia giurata sullo stato dell’immobile. Il giudice ha chiarito che, qualora il manufatto venga modificato in modo sostanziale, tale da compromettere la continuità con l’opera originaria, l’amministrazione è tenuta a dichiarare improcedibile la domanda di condono, disponendo la demolizione delle opere realizzate sine titulo. Diversamente, se le modifiche sono autonomamente qualificabili come ulteriori abusi edilizi, potrà ordinarsi il ripristino parziale, senza pregiudicare l’esame della domanda pendente. In definitiva, la realizzazione di interventi edilizi su un immobile abusivo già oggetto di condono resta inibita, in linea di principio, salvo che siano rispettate le specifiche condizioni previste dalla normativa speciale, oggi ancora vigente per effetto dei rinvii operati dalla legislazione successiva. Qualunque intervento ulteriore, non autorizzato, partecipa della medesima abusività del manufatto principale, rendendo inevitabile l’intervento repressivo dell’amministrazione.

(Venerdì 20 giugno 2025, dal “Quotidiano Giuridico”)

B2. Società, Banca e Impresa

Responsabilità ex D.Lgs. 231/2001 e Società unipersonali: la Cassazione conferma l’autonomia dell’interesse dell’ente

Con la sentenza n. 22082 del 2025, la Terza Sezione penale della Corte di Cassazione affronta un tema centrale nell’ambito dell’applicazione del D.Lgs. 231/2001: la configurabilità della responsabilità amministrativa da reato in capo a Società a responsabilità limitata unipersonali. Il caso sottoposto all’attenzione della Corte riguardava una Società imputata per reati ambientali contestati al suo unico socio, nonché amministratore e gestore della Società. Il ricorrente aveva contestato l’applicabilità dell’art. 5 del D.Lgs. 231/2001, sostenendo che, nella compresenza del ruolo di socio unico e amministratore, non sarebbe stato possibile distinguere un interesse dell’ente da quello della persona fisica. Inoltre, si evidenziava l’assenza di un effettivo vantaggio economico per la Società, rilevando come non fosse stato accertato alcun arricchimento patrimoniale diretto. La Suprema Corte ha rigettato le censure, riaffermando un principio di sistema: il carattere unipersonale della Società non esclude di per sé la configurabilità di un interesse o vantaggio autonomo dell’ente. Piuttosto, l’indagine giudiziale deve essere orientata a verificare se – alla luce della struttura organizzativa, delle dimensioni, dell’attività esercitata e dei rapporti tra socio e Società – l’ente possa essere considerato portatore di un proprio interesse giuridico-economico. In particolare, nel caso di specie, la presenza di più dipendenti e la consistenza del patrimonio aziendale sono stati elementi qualificanti ai fini del riconoscimento dell’autonomia dell’interesse della Società. Quanto alla mancanza di un vantaggio patrimoniale tangibile, la Corte ha chiarito che non è necessario individuare un corrispettivo monetario diretto per integrare il requisito del vantaggio. La nozione di utilità per l’ente, ai fini dell’art. 5 D.Lgs. 231/2001, può infatti declinarsi anche in termini di risparmio di spesa o di benefici indiretti, non necessariamente registrati nei conti correnti societari. La pronuncia conferma dunque l’inclusione delle Società unipersonali nel perimetro soggettivo del D.Lgs. 231/2001, a condizione che l’interesse dell’ente, pur in un contesto di concentrazione proprietaria e gestionale, possa essere individuato come distinto e autonomo rispetto a quello del soggetto agente. Ne deriva un’applicazione sostanziale e non meramente formale della disciplina, coerente con la funzione preventiva e repressiva del sistema di responsabilità degli enti.

(Venerdì 20 giugno 2025, dal “Quotidiano Giuridico”)

B3. Responsabilità ex art. 2395 c.c.: la Cassazione ribadisce il requisito del danno diretto al patrimonio del terzo per la legittimazione all’azione

Con l’Ordinanza n. 14265 del 28 maggio 2025, la Corte di Cassazione ha confermato un principio consolidato in materia di responsabilità individuale degli amministratori ex art. 2395 c.c., riaffermando la necessità, in capo al terzo attore, di dimostrare un danno diretto e autonomo alla propria sfera patrimoniale, distinto e non meramente riflesso rispetto al pregiudizio subito dal patrimonio sociale. Nel caso di specie, due Società avevano proposto azione risarcitoria nei confronti del revisore legale di una S.p.A. fallita, invocando il contenuto infedele delle certificazioni di bilancio sulla cui base avevano stipulato contratti di noleggio navale con l’ente poi insolvente. Le istanti lamentavano un danno da affidamento, derivante dall’inattendibilità dei bilanci certificati, che avevano compromesso la loro posizione creditoria. Tuttavia, la Suprema Corte ha confermato la decisione delle Corti di merito che avevano respinto la domanda, rilevando l’assenza di un pregiudizio patrimoniale diretto e imputabile causalmente alla condotta del revisore. La Corte ha ricordato che l’art. 2395 c.c. ha natura residuale e presuppone, ai fini della sua applicabilità, la prova di un illecito extracontrattuale imputabile all’amministratore (o altro organo sociale) e produttivo di un danno immediato al terzo. La violazione deve consistere in un comportamento doloso o colposo lesivo di diritti soggettivi patrimoniali del terzo stesso, non essendo sufficiente il semplice riflesso del danno sociale. In linea con un orientamento giurisprudenziale costante (v. Cass. nn. 6648/2023, 11223/2021, 9206/2020, 14778/2019), la pronuncia chiarisce che, per fondare l’azione risarcitoria, non è determinante la mera infedeltà del bilancio, bensì l’idoneità ingannatoria concreta della condotta e la sussistenza di un rapporto di causa diretta con il danno subito. È dunque onere del terzo dimostrare che, in assenza del comportamento illecito, non avrebbe posto in essere l’operazione economica rivelatasi pregiudizievole. In definitiva, la Cassazione ha ribadito che l’azione ex art. 2395 c.c. è esperibile soltanto quando il danno si collochi esclusivamente nella sfera patrimoniale del terzo e non sia il risultato mediato di una lesione al patrimonio della società. La legittimazione all’azione sussiste, quindi, solo in presenza di un danno-evento che derivi causalmente in via diretta dalla condotta dell’organo gestorio. In mancanza di tale presupposto, l’azione deve essere rigettata.

(Mercoledì 25 giugno 2025, dal “Quotidiano Giuridico”)