Settimana 18/2025 Rassegna Stampa

A. Energy Law

A1. Il “contributo Meloni” approda alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea: nel mirino la tassa sugli extraprofitti energetici

È ufficialmente giunta all’esame della Corte di Giustizia dell’Unione Europea la controversa questione del “contributo di solidarietà temporaneo” per il 2023, introdotto con la Legge 29 dicembre 2022, n. 197, noto come “contributo Meloni”. Si tratta della misura volta a tassare gli extraprofitti realizzati dagli operatori del settore energetico durante il periodo di crisi energetica post-pandemica e aggravata dal conflitto in Ucraina. Il caso è stato sollevato a febbraio 2024 dalla Corte Costituzionale italiana, che ha operato un rinvio pregiudiziale alla Corte UE per verificare la compatibilità della norma con il diritto europeo. Il ricorso iniziale è stato presentato da diversi operatori del settore, i quali contestano la legittimità del prelievo straordinario, ritenendolo discriminatorio e lesivo dei principi europei in materia di concorrenza e libertà di impresa. Il cuore del contenzioso riguarda l’estensione del contributo a una vasta platea di soggetti: produttori e rivenditori di energia elettrica, distributori e venditori di prodotti petroliferi, nonché importatori di gas, elettricità e combustibili da altri Paesi dell’UE. Secondo la norma, questi soggetti sono chiamati a versare un prelievo straordinario qualora abbiano registrato extraprofitti congiunturali nel 2022. Una definizione, quest’ultima, che secondo le imprese coinvolte non tiene conto delle effettive condizioni di mercato e introduce una forma di imposizione non proporzionata. L’attenzione della magistratura rimane però puntata anche sulla misura analoga introdotta nel 2022 dal governo Draghi (art. 37 del D.L. 21 marzo 2022, n. 21), anch’essa destinata a colpire gli extraprofitti energetici. Su questo fronte, la Corte Costituzionale si è già espressa nel giugno 2024, dichiarando legittima la finalità della norma ma censurando l’inclusione delle accise nella base imponibile, considerata “irragionevole” e in contrasto con i principi di equità fiscale. Tuttavia, ulteriori profili di illegittimità sono stati sollevati anche in merito alla norma del 2022. In particolare, la Corte di Giustizia tributaria di primo grado di Cagliari ha sollevato una nuova questione di costituzionalità riguardante l’indeducibilità del contributo straordinario dal reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi. Tale aspetto, già oggetto di un parere critico del Consiglio di Stato pubblicato a fine marzo, sarà al centro delle future valutazioni della Consulta.

(Martedì 29 aprile 2025, da www.quotidianoenergia.it)

A2. Diritti di superficie su terreni per impianti fotovoltaici: l’Agenzia delle Entrate nega la deducibilità piena degli interessi passivi

L’Agenzia delle Entrate ha risposto negativamente all’interpello presentato dalla Società ALFA S.r.l., che aveva chiesto chiarimenti in merito alla possibilità di dedurre integralmente, ai fini IRES, gli interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su terreni destinati alla costituzione di diritti di superficie (DDS). Tali terreni sarebbero stati utilizzati da operatori del settore delle energie rinnovabili per l’installazione di impianti fotovoltaici. La Società, parte di un gruppo internazionale attivo nella gestione di terreni per impianti solari, riteneva di poter beneficiare del regime di favore previsto dall’art. 1, comma 36, della Legge 244/2007. Secondo tale norma, le Società immobiliari di gestione possono dedurre integralmente gli interessi passivi su finanziamenti ipotecari destinati all’acquisto di immobili locati, escludendo le limitazioni generali previste dall’art. 96 del TUIR. ALFA S.r.l. sosteneva che la costituzione di DDS fosse assimilabile, sul piano contabile e fiscale, alla locazione, richiamando alcuni precedenti di prassi dell’amministrazione finanziaria. L’Agenzia, pur riconoscendo che in ambito contabile il DDS possa essere trattato in modo analogo alla locazione per quanto riguarda l’imputazione dei proventi, ha precisato che tale assimilazione non può essere estesa all’applicazione del comma 36 della Legge 244/2007. La disposizione, infatti, si riferisce espressamente agli immobili “destinati alla locazione”, escludendo implicitamente l’applicabilità ad altri istituti giuridici, quali appunto il diritto di superficie. Pertanto, l’Agenzia ha concluso che ALFA S.r.l. non potrà fruire della deducibilità piena degli interessi passivi legati ai finanziamenti ipotecari, in quanto i terreni oggetto dell’investimento non saranno locati ma concessi in superficie. La decisione sottolinea la necessità di un’aderenza letterale ai requisiti normativi per accedere ai benefici fiscali previsti per le società immobiliari.

(Da www.agenziaentrate.gov.it)

A3. Energy Release: niente obblighi per gli energivori se il contratto è firmato dal soggetto terzo

Il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) ha pubblicato due nuove FAQ che chiariscono un aspetto rilevante dell’energy release: se il contratto di restituzione viene firmato da un soggetto terzo delegato dal cliente energivoro o dall’aggregatore, quest’ultimo è esonerato da qualsiasi obbligo relativo, compresi quelli che potrebbero comportare la sospensione o risoluzione del contratto di anticipazione. Secondo il GSE, nel caso in cui il contratto di restituzione sia sottoscritto da un soggetto terzo (“l’Operatore”), non residuano obblighi a carico del cliente finale energivoro o aggregatore (“Soggetto delegante”). Toccherà invece al soggetto terzo gestire e mantenere l’impianto secondo elevati standard di diligenza e nel pieno rispetto della normativa vigente, oltre a regolare i differenziali di prezzo e il controvalore delle Garanzie di Origine (GO) relative all’energia da restituire. Inoltre, il GSE precisa che eventuali inadempienze del soggetto terzo non ricadono sul cliente energivoro, purché quest’ultimo abbia rispettato i propri obblighi nella fase di anticipazione. Si ricorda che l’energy release prevede due fasi: la prima, detta di anticipazione, consente agli energivori di accedere a energia rinnovabile esistente a prezzo calmierato; la seconda, di restituzione, richiede la realizzazione di nuova capacità rinnovabile pari al doppio dell’energia ritirata, direttamente o tramite soggetti terzi.

(Giovedì 24 aprile 2025, dalla Staffetta Quotidiana)

A4. Il Consiglio di Stato sconfessa il Tar Basilicata: il Mase deve concludere il procedimento entro 30 giorni

Il Consiglio di Stato ha ribaltato una precedente sentenza del Tar Basilicata, riaffermando che il rispetto dei termini per la conclusione dei procedimenti di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) è inderogabile, anche in presenza di criteri di priorità basati sulla potenza degli impianti. La vicenda riguarda un impianto fotovoltaico da 19,99 MW, integrato con un sistema di accumulo (BESS) da 18MW/100,5MWh, proposto da Fimenergia nella zona industriale San Nicola di Melfi. Il Tar lucano aveva rigettato il ricorso contro l’inerzia del Mase, richiamandosi ad altre due proprie sentenze. Tuttavia, il Consiglio di Stato ha accolto l’impugnazione, chiarendo che la norma introdotta dal D.Lgs. 152/2006 (come modificato dal D.L. 181/2023), la quale prevede la trattazione prioritaria dei progetti con maggiore potenza, non può giustificare il superamento dei termini perentori. Il Mase è ora obbligato a pronunciarsi sull’istanza entro 30 giorni, pena la nomina di un commissario ad acta. Una decisione che rafforza l’orientamento già adottato da altri Tribunali amministrativi e che segna un importante precedente nel contenzioso sull’iter autorizzativo dei progetti FER.

(Giovedì 24 aprile 2025, da www.quotidianoenergia.it)

A5. D.L. Bollette: le principali novità dopo la conversione in legge

Il 23 aprile 2025 il Decreto Legge “Bollette” è stato ufficialmente convertito in legge e sarà operativo dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Tra le principali innovazioni introdotte si segnala l’ampliamento dei soggetti che possono aderire alle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), includendo anche aziende territoriali per l’edilizia residenziale (ATER), istituti pubblici di assistenza e beneficenza (IPAB), associazioni senza personalità giuridica e aziende pubbliche per i servizi alle persone (ASP). È inoltre consentito l’ingresso di impianti già operativi, realizzati per la condivisione energetica, anche se le relative comunità non erano ancora costituite. Importanti modifiche riguardano anche i sistemi di produzione e consumo di energia: ora è possibile collegare più unità produttive anche senza appartenere allo stesso gruppo societario, con l’obiettivo di favorire l’autoconsumo e ridurre il prezzo dell’energia per i clienti finali. Viene introdotto un nuovo modello di contratti per differenza a due vie, che separa il prezzo di vendita da quello di acquisto, stabilendo procedure competitive sia dal lato dell’offerta che della domanda. Questo sistema, conforme alla nuova Direttiva europea sul mercato elettrico, punta a garantire maggiore stabilità e prezzi più accessibili per i consumatori, incentivando al contempo le fonti rinnovabili. Il D.L. interviene anche per facilitare lo sviluppo dei sistemi di accumulo di energia, prevedendo nuove convenzioni con il GSE e risorse dedicate. Vengono, inoltre, semplificate le regole per l’installazione di impianti agrivoltaici di grande potenza e vengono introdotte agevolazioni per i progetti di rinnovamento degli impianti esistenti che incrementino la loro capacità di almeno il 20%. Infine, sono state approvate misure per velocizzare i procedimenti autorizzativi dei grandi impianti energetici, considerandoli prioritari ai fini della Valutazione di Impatto Ambientale.

(Lunedì 28 aprile 2025, da www.italiasolare.eu)


B. Varie

B1. Società, Banca e Impresa

Cessione di quote: il contratto definitivo prevale sul preliminare

In tema di cessione di quote di Società a responsabilità limitata, quando il prezzo stabilito nel contratto definitivo differisce da quello indicato nel preliminare, è il definitivo a prevalere. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 10459/2025, chiarendo che il contratto definitivo rappresenta l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni delle parti, superando così quanto precedentemente concordato. Nel caso esaminato, a fronte di un preliminare che fissava il prezzo di cessione a 636.000 euro, il definitivo prevedeva un corrispettivo di 436.000 euro. Secondo la Suprema Corte, ciò non configura una mera mancanza di formalizzazione degli impegni, bensì una nuova regolamentazione negoziale, che modifica consapevolmente i precedenti accordi. Solo la prova di una simulazione del prezzo potrebbe rimettere in discussione la validità del definitivo. La vicenda prende le mosse da una causa intentata da una Società venditrice che chiedeva il pagamento del residuo prezzo convenuto nel preliminare. Tuttavia, sia il Tribunale di Lucca che la Corte d’Appello di Firenze avevano accolto solo parzialmente le richieste. Ora la Cassazione, richiamando il principio di assorbimento, ha ribadito che il contratto definitivo, se esaurisce la regolamentazione degli obblighi, prevale sul preliminare anche se ne modifica alcuni termini, come il prezzo pattuito. Il caso è stato così rinviato alla Corte d’appello per un nuovo esame.

(Giovedì 24 aprile 2025, dal “Quotidiano Giuridico”)

B2. Imposte

L’indennità del Fondo Previdenza Mef è soggetta a tassazione separata

La Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado di Piacenza ha stabilito, con la sentenza dell’8 aprile 2025 n. 62, che l’indennità di fine rapporto erogata dal Fondo di Previdenza per il personale del Ministero delle Finanze non è esente da IRPEF, ma deve essere assoggettata a tassazione separata ai sensi dell’art. 17 del TUIR. Tale prestazione, per la sua funzione esclusivamente previdenziale, è stata equiparata alle indennità menzionate nell’art. 17, comma 1, DPR n. 917/1986, configurandosi come una forma di retribuzione differita. La Corte ha inoltre precisato che non può essere applicata la riduzione prevista dall’ultimo periodo dell’art. 19, comma 2-bis, TUIR, riservata ai casi in cui la prestazione sia alimentata da contributi direttamente versati dai lavoratori dipendenti. Nel caso in esame, invece, il Fondo trae le sue risorse da entrate di natura pubblicistica, come i proventi delle vendite di beni confiscati o delle tasse ipotecarie, e non da contributi versati dai dipendenti stessi. Di conseguenza, è stato escluso il diritto a una riduzione ulteriore dell’imponibile, respingendo così il ricorso avanzato da un ex funzionario dell’Agenzia delle Entrate che contestava la tassazione applicata alla propria indennità di fine servizio.

(Lunedì 28 aprile 2025, dal “Quotidiano Giuridico”)