A1. VIA/PAUR, l’interpello MASE chiarisce l’Autorità competente e ammette l’accesso diretto alla VIA
Con l’interpello prot. n. 191749 del 16 ottobre 2025, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha fornito indicazioni operative sull’individuazione dell’Autorità competente nei procedimenti di VIA/PAUR ex art. 27-bis del D.Lgs. 152/2006, a seguito del quesito della Provincia di Pavia. Il Ministero distingue nettamente tra verifica di assoggettabilità (screening), quale fase preliminare volta ad accertare la necessità della valutazione, e la VIA in senso proprio, destinata alle tipologie progettuali che, ex ante, possono generare impatti ambientali significativi e negativi. Su tale base, viene riconosciuta al proponente la facoltà di rinunciare allo screening e chiedere direttamente la VIA completa qualora ritenga che il progetto presenti impatti rilevanti, anche quando la normativa preveda unicamente la soglia per la verifica e non per la VIA (come nel caso degli agrivoltaici fino a 12 MW) oppure quando esistano soglie differenziate con competenze ripartite tra Regione e Stato.
Il criterio di riparto della competenza, in entrambe le ipotesi, è ancorato al parametro oggettivo della tipologia progettuale: l’Autorità competente si individua in quella presso cui si sarebbe incardinata la verifica di assoggettabilità. Ne discende che la scelta del proponente di accedere direttamente alla VIA non muta il livello amministrativo competente, assicurando coerenza con il principio di tipicità degli atti e con l’assetto degli Allegati alla Parte II del Codice dell’Ambiente. L’orientamento, che valorizza la natura “a istanza di parte” della VIA e al contempo preserva l’ordine delle competenze, offre una via di certezza procedurale per progetti sopra soglia di verifica ma sotto soglia VIA e per quelli con soglie e competenze differenziate, riducendo il rischio di conflitti di attribuzione e di contenzioso nella fase di avvio dei procedimenti.
(Giovedì 16 ottobre 2025, da www.mase.gov.it)
A2. RED III, obiettivi FER nei trasporti assenti nello schema di Decreto Legislativo: profili di legittimità, rischio infrazione e impatti sul mercato
Nello schema di Decreto Legislativo per l’attuazione della direttiva (UE) 2023/2413 (RED III) trasmesso alle Camere manca il recepimento del target settoriale per i trasporti pari al 29% di rinnovabili nel 2030, presente nella bozza circolata in sede di pre-Consiglio dei ministri. L’assenza, riconducibile secondo quanto trapelato alla mancata “bollinatura” della Ragioneria generale dello Stato della disposizione che avrebbe novellato l’art. 39 del D.Lgs. 199/2021, determina un vuoto regolatorio non marginale: in assenza di un nuovo obbligo, continuerebbe ad applicarsi il quadro RED II, che per i trasporti fissava un livello significativamente inferiore (almeno 16%), peraltro distante dall’obiettivo del 34,2% indicato dal PNIEC italiano. Il differenziale tra il vincolo europeo e la disciplina interna così come oggi formulata apre profili di incompatibilità con il diritto dell’Unione, innescando un concreto rischio di procedura di infrazione per recepimento incompleto della direttiva, oltre a incertezza per gli operatori soggetti ad obbligo. Sotto il profilo giuridico, la mancata trasposizione del target settoriale incide sul principio di effettività del diritto UE e sulla certezza del quadro di adempimento per i fornitori di carburanti, inclusa l’energia elettrica per la trazione, i biocarburanti avanzati e il biometano. La struttura italiana di compliance si fonda su obblighi in capo ai soggetti che immettono carburanti al consumo e su meccanismi di mercato dei crediti, che – come ricordato dagli operatori – non comportano oneri di finanza pubblica ma si chiudono nel perimetro degli obbligati. In tale contesto, la rimozione del dispositivo cogente priva il sistema di un detonatore normativo essenziale per orientare gli investimenti e per consentire il monitoraggio del conseguimento dei target a livello settoriale, con possibili riflessi anche sulla tracciabilità delle garanzie d’origine e sull’allineamento dei criteri di sostenibilità. Sotto il profilo procedurale, lo schema è ora all’esame delle Commissioni parlamentari competenti per i pareri, che – pur non vincolanti – possono costituire il veicolo per reintrodurre la norma mancante, ripristinando l’obbligo percentuale in coerenza con la direttiva e aggiornando l’art. 39 del D.Lgs. 199/2021. L’intervento correttivo avrebbe la funzione di ristabilire la coerenza verticale dell’ordinamento, prevenendo contestazioni della Commissione e garantendo la continuità delle regole di mercato per i soggetti obbligati. In attesa degli esiti dell’iter, l’assetto vigente resta ancorato ai parametri RED II, con un evidente scostamento rispetto alla traiettoria europea e nazionale, suscettibile di generare contenzioso e di deprimere le aspettative degli investitori lungo l’intera filiera delle rinnovabili nei trasporti. In conclusione, l’urgenza non è solo politica ma giuridica: la tempestiva reintegrazione del target nel testo attuativo è condizione per assicurare certezza regolatoria, evitare responsabilità dello Stato per inadempimento e preservare l’efficacia delle politiche di decarbonizzazione del comparto.
(Giovedì 16 ottobre 2025, da www.quotidianoenergia.it)
A3. Campania, circolare sulla PAS: adeguamento al D.Lgs. 190/2024 e coordinamento con revamping e repowering eolico
La Direzione generale Sviluppo e Attività produttive della Regione Campania ha diramato ai Comuni una circolare che chiarisce l’applicazione della procedura abilitativa semplificata (PAS) alla luce del Testo unico rinnovabili (D.Lgs. 190/2024), anticipando l’adeguamento della normativa regionale. In coerenza con il nuovo quadro statale, non sarà più consentito estendere in via regionale la PAS agli impianti fino a 1 MW: verrà pertanto modificato l’art. 11 della Legge regionale n. 37/2018, sopprimendo le disposizioni che prevedevano tale ampliamento. La circolare precisa, a titolo esemplificativo, che per i nuovi impianti eolici il ricorso alla PAS è ammissibile solo per potenze superiori a 20 kW e inferiori a 60 kW, fuori da aree protette o appartenenti alla Rete Natura 2000; restano tuttavia validamente definibili in PAS le istanze presentate prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo. Un ulteriore profilo riguarda il coordinamento con i procedimenti di repowering e revamping: la Regione richiama l’esigenza di un esame particolarmente attento nelle aree interessate da progetti approvati, poiché tali interventi perseguono l’ottimizzazione di impianti esistenti con riduzione del numero di macchine e avanzamento tecnologico, generando benefici ambientali e paesaggistici e restituendo suoli a usi naturali, prevalentemente agricoli. Tali benefici rischiano di essere frustrati se, negli stessi areali, venissero rilasciati nuovi titoli abilitativi che interferiscano con lo smantellamento degli aerogeneratori sostituiti. La circolare, nel complesso, riallinea l’azione amministrativa locale al perimetro statale della PAS e sollecita un approccio pianificatorio che eviti sovrapposizioni autorizzative, salvaguardando gli obiettivi di semplificazione senza pregiudicare gli esiti ambientali del rinnovamento del parco eolico.
(Venerdì 17 ottobre 2025, da www.quotidianoenergia.it)
A4. Basilicata, zone di accelerazione FER: piano focalizzato sul fotovoltaico tra aree produttive e perimetri di repowering.
La Giunta regionale della Basilicata ha approvato la proposta di piano per le zone di accelerazione terrestri, impostando un perimetro selettivo centrato esclusivamente su impianti fotovoltaici e relativi sistemi di accumulo, con priorità alle aree industriali e produttive e ai perimetri che circoscrivono impianti FV esistenti oggetto di revamping e repowering, escludendo invece nuove installazioni in tali ambiti. Il documento, che recepisce e ricalibra i tracciati della mappa preliminare del GSE alla luce della pianificazione territoriale regionale, individua 30 zone di accelerazione comprendenti zone produttive comunali, aree dei consorzi industriali di Potenza e Matera e porzioni contigue agli impianti in esercizio destinati ad interventi di ammodernamento. Restano fuori le superfici ricadenti nella Rete Natura 2000 e nei vincoli paesaggistici, nonché quelle entro un chilometro dagli ambiti urbani principali, ferma l’applicazione delle esclusioni generali previste dall’art. 12, comma 7, del D.Lgs. 190/2024 per le aree protette. La proposta è sottoposta a VAS e a un percorso partecipativo strutturato, con consultazione pubblica, incontri e tavoli di confronto, finalizzato all’adozione in Giunta, previo parere del Consiglio regionale, entro febbraio 2026, in coerenza con il Testo unico rinnovabili. Nella stessa seduta la Regione ha avviato l’iter per il progetto bandiera PNRR dedicato alla produzione di idrogeno rinnovabile in aree industriali dismesse, con una dotazione di 10 milioni di euro: gli interventi dovranno integrare elettrolizzatori tra 1 e 10 MW, sistemi ausiliari e impianti FER addizionali, prevedendo un piano pluriennale di formazione e l’impiego prevalente dell’idrogeno in servizi di valore territoriale, settori hard-to-abate e trasporto pesante, a presidio della coerenza ambientale e industriale delle ricadute.
(Martedì 21 ottobre 2025, da www.quotidianoenergia.it)
A5. Sardegna, proposta di mini-moratoria FER sulle “aree ordinarie” e chiarimenti pro-idoneità per tetti e zone industriali
La proposta di legge regionale n. 146 introduce, accanto a interventi correttivi volti a “evitare interpretazioni restrittive” della legge regionale n. 20/2024, una sospensione temporanea del rilascio delle autorizzazioni per impianti FER nelle aree non classificate idonee, con particolare riferimento alle aree ordinarie. Il nuovo comma 7-bis dell’art. 1 della legge regionale 20/2024 prevede che, fino all’adozione di un regolamento attuativo da emanarsi entro 120 giorni, non si dia corso alle istanze autorizzative, incluse quelle già presentate, al fine di fissare direttive uniformi per la corretta applicazione della disciplina e per l’individuazione degli elementi ostativi alla realizzazione degli impianti. Nella relazione illustrativa i proponenti escludono effetti pregiudizievoli sugli obiettivi europei e di burden sharing, sostenendo che la sola utilizzazione delle aree idonee sarebbe sufficiente al loro conseguimento. Parallelamente, la proposta interviene in senso abilitante su impianti in ambito urbano, su coperture e in aree già trasformate, nonché nelle zone industriali, chiarendo che le superfici di copertura di manufatti edilizi pubblici e privati sono idonee anche entro la fascia dei 1.000 metri dai centri abitati, superando incertezze interpretative dell’Allegato G. Nei comparti D e G a destinazione commerciale e logistica, per fotovoltaico e per eolico di piccola e media taglia, viene rafforzato il criterio di idoneità, fermo il rispetto della normativa territoriale, urbanistica, edilizia, ambientale e paesaggistica, con richiamo al Piano Paesaggistico Regionale (PPR) e agli strumenti urbanistici. Restano vigenti le prescrizioni per consorzi e aree industriali d’interesse regionale e per i Piani di Insediamento Produttivi (PIP), con parametri puntuali per l’installazione di fotovoltaico su lotti edificati e non edificati nelle parti già infrastrutturate, e contestuale aggiornamento dell’Allegato G per il coordinamento con le nuove disposizioni. Il pacchetto normativo, nel suo insieme, tenta un equilibrio tra certezza dell’azione amministrativa nelle aree non idonee e accelerazione selettiva degli interventi “a basso impatto localizzativo” su tetti e aree produttive.
(Mercoledì 22 ottobre 2025, da www.quotidianoenergia.it)
B1. Società, Banca e Impresa
S.n.c. e beneficio di preventiva escussione: se il decreto ingiuntivo contro società e soci diventa definitivo per i soci, la tutela non opera
Con la sentenza del 13 ottobre 2025, n. 27367, la Cassazione ha affrontato il rapporto tra responsabilità solidale dei soci di società in nome collettivo ex art. 2291 c.c. e beneficio di preventiva escussione di cui all’art. 2304 c.c., quando il titolo esecutivo sia un decreto ingiuntivo che condanna società e soci “in via diretta e incondizionata” e i soci, a differenza della società, non abbiano proposto opposizione. La Corte ha chiarito che la mancata opposizione dei soci rende il monitorio definitivamente ed incondizionatamente esecutivo nei loro confronti, insensibile all’eventuale accoglimento dell’opposizione proposta dalla società, con conseguente autonomia della posizione debitoria dei soci. In sede di opposizione all’esecuzione non può, dunque, essere utilmente opposto il beneficio di preventiva escussione, perché il comando giudiziale—che li condanna solidalmente e senza condizioni—li chiama a rispondere non in via sussidiaria ma su un piano diretto, facendo discendere la fonte dell’obbligazione dal titolo giudiziale così come formatosi, e non dal solo rapporto sociale. L’arresto si colloca nel solco degli orientamenti sulla stabilità del decreto non opposto verso uno dei coobbligati e sulla possibilità per il creditore di ottenere un titolo specifico anche nei confronti dei soci; al tempo stesso solleva interrogativi sistematici sul bilanciamento tra forza del giudicato monitorio e natura sussidiaria della responsabilità dei soci, specie quando il contenuto del titolo non espliciti il richiamo al regime ex artt. 2291 e 2304 c.c.
(Mercoledì 22 ottobre 2025, dal “Quotidiano Giuridico”)
B2. Società, Banca e Impresa
Anatocismo ante delibera CICR: la Cassazione ribadisce la nullità delle vecchie clausole e l’esigenza di nuova pattuizione scritta
Con l’ordinanza del 14 ottobre 2025, n. 27460, la Prima Sezione civile della Cassazione interviene sul regime dell’anatocismo nei contratti bancari stipulati prima della delibera CICR del 9 febbraio 2000, riaffermando che le clausole di capitalizzazione inserite in tali rapporti sono radicalmente nulle e non possono “rivivere” né per il solo fatto di essere state applicate in concreto, né tramite modifiche unilaterali ex art. 7, comma 2, della delibera CICR. Perché la capitalizzazione torni ad essere legittimamente operante occorre una nuova ed espressa pattuizione scritta, conforme all’art. 2 e all’art. 7, comma 3, della stessa delibera, non essendo possibile qualificare come non peggiorativa l’introduzione ex post di una clausola prima nulla. La decisione cassa la sentenza d’appello che aveva ritenuto sufficiente l’allineamento “di fatto” alla disciplina del 2000, e rimette al giudice di rinvio la verifica della presenza di un valido accordo successivo. Sul piano probatorio, la Corte richiama altresì i principi in tema di ripetizione di indebito: grava sul correntista che agisce la prova dell’intero andamento del rapporto, mediante produzione degli estratti conto necessari, pena l’impossibilità di recupero; ai fini della prescrizione, la natura delle rimesse va qualificata solo dopo la rideterminazione del saldo depurato dagli addebiti illegittimi, restando “solutorie” e dunque idonee a far decorrere il termine decennale soltanto quelle effettuate extra fido, con onere di allegazione e prova a carico della banca che eccepisce la prescrizione. L’arresto consolida così il quadro: per i contratti anteriori alla delibera CICR la capitalizzazione richiede una rinegoziazione formale e trasparente, mentre in giudizio l’accertamento su saldi, rimesse e decorrenze prescrizionali deve muovere da una ricostruzione integrale e corretta del rapporto.
(Giovedì 23 ottobre 2025, dal “Quotidiano Giuridico”)